12 ottobre 2018
11:50

Stagione Opera 2018/2019

Il viaggio di Roberto, un treno verso Auschwitz 16 dicembre (fuori abbonamento) torna sul palcoscenico che l’ha vista nascere, nella nuova versione rivista per orchestra dallo stesso autore Paolo Marzocchi, e nella città che – grazie anche alla comunione di intenti fra Teatro Alighieri, Scuola Mordani e coro Libere Note – ha trasformato il percorso della memoria attorno alle vicende del piccolo Roberto Bachi in un tributo della collettività nella forma di una produzione di teatro musicale. In scena la drammatica storia di una delle oltre quarantamila vittime italiane della Shoah, Roberto Bachi, che visse a Ravenna e qui frequentò la quarta elementare presso la Scuola Elementare Mordani; il 6 dicembre 1943 partì dal binario 21 della stazione di Milano, destinazione Auschwitz. Ricostruita grazie ad alcuni ex compagni di classe di Roberto (Danilo Naglia, Silvano Rosetti e Sergio Squarzina, in scena nella rappresentazione) e alla dedizione del compianto Giorgio Gaudenzi, direttore didattico dell’Istituto Mordani, la vicenda è diventata azione scenica su libretto di Guido Barbieri e musiche di Paolo Marzocchi, con la regia di Alessio Pizzech e il coinvolgimento della stessa Scuola Mordani e dei suoi alunni che oggi compongono il coro di voci bianche Libere Note diretto da Elisabetta Agostini e Catia Gori. Barbieri ha scelto di concentrarsi sul “buco, nero e profondo, oltre a quello che circonda la sua morte: il viaggio. Quei sei giorni, tra il 6 e il 12 dicembre, che lo hanno fatto arrampicare su per l’Europa, tra due pareti di legno senza finestre. La memoria di quel viaggio non ha lasciato alcun oggetto dietro di sé”. Saranno di nuovo Franco Costantini e Cinzia Damassa a vestire i panni di un ipotetico compagno di viaggio, Vittorio, e di Ines, la madre di Roberto: al dialogo fra Vittorio e Ines si contrappone il silenzio di Roberto, rappresentato sulla scena come muto protagonista della storia. I racconti di Vittorio, immaginati, e di Ines, basati su memorie e documenti, sono intercalati dagli interventi cantati dalle apparizioni del padre Armando (il baritono Donato Di Gioia), della maestra Maria Rosa Gambi (il mezzosoprano Alessandra Visentin) e di personaggi dei libri letti da Roberto che affiorano dalla sua memoria.

La Stagione riparte nel 2019 da Roméo et Juliette, che il 18 e 20 gennaio, a pochissimi giorni dal debutto a Rijeka (Fiume), porta anche da questa parte dell’Adriatico il nuovissimo allestimento dell’opera in cinque atti, su musica di Charles Gounod e libretto di Jules Barbier e Michel Carré, che il Teatro Nazionale Croato Ivan Zajc coproduce con il Teatro Alighieri, riproponendo la celeberrima vicenda shakespeariana. La direzione di Orchestra e Coro del Teatro Nazionale di Rijeka è affidata al ravennate Paolo Olmi e la regia è firmata da Marin Blazevic, direttore dello stesso Teatro di Rijeka; il cast include artisti italiani e croati, mentre spiccano nei ruoli protagonisti il soprano lituano Margarita Levchuk e il tenore spagnolo Jesús Álvarez. Accolta con entusiasmo fin dal proprio debutto nel 1867 al Théâtre-Lyrique di Parigi, Roméo et Juliette è stata forse meno eseguita in Italia rispetto all’estero, riscoperta nel nostro paese in anni più recenti. Oltre ai duetti fra i due amanti (ben quattro in un crescendo di complessità formale e drammatica), l’opera include la brillante valse-ariette “Je veux vivre” con cui si sono misurati soprani di calibro assoluto, pur non avendo vestito i panni di Giulietta sulla scena. E se l’impianto privilegia la passione amorosa piuttosto che la rivalità fra famiglie, è evidente che l’autentico antagonista è la società, con quei suoi “sterili doveri-feticcio” contro cui si scaglia Gounod nelle proprie memorie  e contro i quali intendeva promuovere “un più elevato senso del bello sulla scena francese”, progetto di cui Roméo et Juliette rappresenta un indiscusso vertice.

Il 22 e 24 febbraio Le nozze di Figaro conclude il percorso della trilogia Mozart/Da Ponte in collaborazione con il Festival di Spoleto e il Teatro Coccia di Novara. Dopo Così fan tutte e Don Giovanni presentate nel corso delle precedenti Stagioni dell’Alighieri, Le nozze – la prima delle tre opere italiane del compositore di Salisburgo su testo dapontiano – porta a termine il progetto che ha visto impegnati da una parte il regista e direttore del festival spoletino Giorgio Ferrara, affiancato dai pluripremiati Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo alle scene e da Maurizio Galanti ai costumi, dall’altra l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”. Direttore sarà Erina Yashima, assistente direttore della Chicago Symphony Orchestra dopo la partecipazione alla prima edizione della Riccardo Muti Italian Opera Academy, che torna all’Alighieri dove ha diretto la Cenerentola di Rossini nella Stagione 2016/17. Il Coro San Gregorio Magno è preparato da Mauro Rolfi. Le nozze di Figaro è un gioiello senza tempo, una folle giornata di amori e conflitti che ruotano attorno al tentativo del Conte d’Almaviva di imporre lo ius primae noctis a Susanna, promessa sposa di Figaro e cameriera della Contessa. Svelata sulla scena viennese nel 1786, a soli tre anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, Le nozze evita i riferimenti politici presenti nell’originale commedia di Beaumarchais ma, abbracciando le potenzialità di sviluppo comico offerte dal conflitto di classe e dalla satira sulle classi privilegiate, sviluppa brillantemente la competizione d’ingegno e passione fra servi e padroni.

La Rivoluzione Francese è invece l’esplicito contesto in cui sono calate le vicende dell’AndreaChénier di Umberto Giordano, in scena 8 e 10 marzo. Una coproduzione tra i teatri di Ravenna, Modena, Reggio Emilia, Piacenza, Parma e la francese Opéra de Toulon, questo nuovo allestimento è affidato a Nicola Berloffa, fra i più promettenti registi della sua generazione e già molto attivo fra Italia e Francia, e a Giovanni Di Stefano alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna; Stefano Colò è il maestro del Coro della Fondazione Comunale di Modena. La più celebre delle opere di Giordano e fra le più rappresentative della stagione del Verismo, Andrea Chénier – come le altre opere che a fine Ottocento tentarono di affrontare e interpretare le tensioni e le ombre al passaggio fra i due secoli – è in questi ultimi anni oggetto di nuova, e più ponderata, attenzione critica. Ambientata nella Parigi prima della Rivoluzione e poi in quella del Terrore, l’Andrea Chénier è dominata dal triangolo fra il poeta Chénier, l’aristocratica Maddalena e il rivoluzionario (un tempo servo) Gerard: la passione si intreccia, inevitabilmente, ai tumulti sociali; gli ideali politici, e la loro degenerazione, si scontrano con il mondo dei sentimenti, non ultima la pietà. E proprio nel personaggio di Gerard, antagonista pieno di ripensamenti, rimorsi e chiaroscuri, sta tutta la conflittualità del momento storico evocato.

La Stagione Opera si conclude il 18 aprile (fuori abbonamento) con Katër I Radës, il naufragio: il titolo di quest’opera contemporanea evoca immediatamente una delle – purtroppo numerose – tragedie del Mediterraneo, quella di una motovedetta albanese, carica di uomini, donne e bambini, affondata davanti alle coste italiane nel 1997; un atto unico affollato di sommersi e salvati, dei sopravvissuti e degli scomparsi, tra voci, paure, desideri. Alessandro Leogrande ne ha scritto il libretto per la Biennale Musica 2014, riprendendo la propria inchiesta sullo speronamento della Katër I Radës da parte di una nave della Marina Militare Italiana per impedire lo sbarco dei disperati “invasori”. Le musiche del compositore albanese Admir Shkurtaj – che, giunto nel ’91 in Italia poco più che ragazzo con le prime ondate di sbarchi e formatosi musicalmente nel nostro paese, collabora oggi con diverse compagnie teatrali di ricerca con lo sguardo rivolto alle più autentiche tradizioni musicali balcaniche – e la regia di Salvatore Tramacere fanno del dolore meditato una ballata di fantasmi, tra sillabe esplose, frasi e grida di una lingua lontana. “Il prestare ancora una volta ascolto al canto muto di chi non c’è più può avvenire solo nel sogno. O nell’opera, appunto, che in fondo è quello strambo terreno, libero da molte leggi, in cui il sogno può rifiatare”: questa frase di Leogrande, a un anno dalla sua prematura scomparsa, risuona drammaticamente profetica mentre indica la strada di un teatro politico in grado di dialogare con la cronaca, ma anche con gli strati profondi dell’umano (e del disumano).

 

Info e prevendite: Biglietteria Teatro Alighieri – tel. 0544 249244 – www.teatroalighieri.org
Prelazione rinnovi abbonamenti 
da sabato 20 ottobre a lunedì 3 dicembre
Nuovi abbonamenti dal 6 dicembre
Prevendite biglietti da giovedì 13 dicembre