13 ottobre 2021
07:50

Stagione d’Opera 2021/22

La natura di ogni viaggio è triplice: ciò che ci lasciamo alle spalle; ciò che ci attende al suo termine; quello che accade in mezzo. E nel moto ondoso di perdita e ritrovamento, distanza e vicinanza, estraneità e domesticità, si disegna il diaframma del sentimento. Non sorprenda allora che l’archetipo del viaggio affiori in tutti i titoli d’opera della nuova stagione del Teatro Alighieri, che quest’anno solca oceani e si cala negli inferi, si avventura alla ricerca di nuovi orizzonti o semplicemente sulla strada che ci riporta a casa.

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Il sipario si alza sulla Stagione Opera il 23 e 24 ottobre, con L’isola disabitata che Franz Joseph Haydn compose nel 1799 su libretto di Metastasio per la corte degli Esterházy in Ungheria. La prima di questo progetto curato da Fanny & Alexander, una coproduzione internazionale che vede l’Opéra de Dijon al fianco del Teatro Alighieri, coincide con il debutto ravennate di Luigi De Angelis alla regia di un’opera, esperienza già compiuta in teatri italiani ed europei ma mai a Ravenna prima d’ora. Le vicende di due coppie che si perdono e si ritrovano si presta a riflessioni sulla solitudine e l’isolamento – con echi della recente e comune esperienza del lockdown; in scena scorrono immagini dell’isola siciliana di Marettimo, sul sottile filo fra viaggio reale e viaggio virtuale. All’Ensemble Dolce Concento, diretto da Nicola Valentini con Jacopo Raffaele al fortepiano, sono affidate pagine che, attraverso l’influenza dell’Orfeo di Gluck, rappresentano un unicum nel teatro musicale di Haydn, segnate come sono dalla scomparsa di recitativi secchi a favore di un costante fluire della musica che conferisce a quest’opera in due parti una natura particolarmente moderna. L’isola disabitata include inoltre una splendida ouverture drammatica nello stile delle sinfonie Sturm und Drang. Le quattro voci sono quelle dei soprani Giuseppina Bridelli e Anna Maria Sarra, del tenore Kristian Adam e del basso Christian Senn. Con De Angelis – che cura scene, luci e video oltre alla regia – Chiara Lagani, drammaturgia e scene, e Andrea Argentieri, come aiuto regia e video.

Il Teatro Alighieri è anche partecipe, accanto al Teatro Galli di Rimini, di uno speciale progetto in omaggio a Federico Fellini. Da una sceneggiatura mai tramutatasi in pellicola Matteo D’Amico ha tratto e messo in musica il libretto de Il viaggio di G. Mastorna, in scena giovedì 4 novembre al Teatro Bonci di Cesena, dopo il debutto al Galli, e inserito nella Stagione dell’Alighieri. Secondo Vincenzo Mollica “il film non realizzato più famoso della storia del cinema” e summa poetica da cui il regista avrebbe continuato ad attingere per altre pellicole, Il viaggio di G. Mastorna fu scritto fra il 1965 e il 1966 – dopo i travolgenti e premiatissimi successi de I vitelloni, La dolce vita, Otto e mezzo… – con contributi in diverse forme e diversi tempi di Dino Buzzati, Tullio Pinelli e Brunello Rondi. Quest’oggetto di culto per tutti gli appassionati di cinema diventa oggi uno studio in forma semiscenica per la regia di Valter Malosti, che veste anche i panni di un Fellini narratore; in buca l’Orchestra Arcangelo Corelli diretta da Jacopo Rivani. Il baritono Luca Grassi è invece Giuseppe Mastorna detto Fernet, violoncellista dirottato da una tempesta di neve attraverso bizzarre, oniriche avventure che assumono i connotati di un viaggio nell’Aldilà, in una ridda di personaggi indimenticabili (interpretati da Yulia Tkachenko, Vittoria Magnarello, Eleonora Lué, Aslan Halil Ufuk e Ken Watanabe).

La discesa negli Inferi è al centro anche dell’Orfeo di Claudio Monteverdi, in scena il 6 e 7 novembre, altro titolo concepito, come L’isola disabitata, per la rappresentazione di corte, in questo caso quella dei Gonzaga. L’opera, composta su libretto di Alessandro Striggio, debuttò nel 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, dopo l’anteprima presso l’Accademia degli Invaghiti. Prima espressione compiuta del melodramma, il capolavoro di Monteverdi è “un punto di riferimento per chi continua a credere nel valore culturale e spirituale di questo genere musicale” – parola del maestro Pier Luigi Pizzi, che firma regia, scene e costumi di questa coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara. Attraverso il mito universale del cantore sulle tracce della propria amata, il titolo affronta il tema del distacco da quanto ci è caro: “Ho scelto di raccontare la favola di Orfeo con la massima semplicità – continua Pizzi – La morale insegna che da ogni dura prova si esce rafforzati. Attraverso il teatro, riviviamo l’esperienza drammatica che abbiamo vissuto cercando di capirne il mistero e raccoglierne un insegnamento”. Il cast vocale include Giovanni Sala nei panni del protagonista, Eleonora Pace in quelli di Euridice e Delphine Galou come Proserpina; accanto ad Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone, è impegnato il Coro Cremona Antiqua preparato da Antonio Greco.

Il 14 e 16 gennaio la seconda parte della Stagione si apre nel nuovo anno con Aroldo di Giuseppe Verdi, che è anche il secondo titolo nel solco del rapporto con il Teatro Galli di Rimini, da cui è partito il tour di questa nuova coproduzione in cordata con Ravenna, Modena e Piacenza. Proprio al Galli l’opera ebbe prima rappresentazione nel 1857, per inaugurare il nuovo teatro: a Verdi toccarono ventisette chiamate e anche Francesco Maria Piave, autore del libretto, dovette comparire due volte sul palco, a riprova dell’entusiasmo suscitato dalla presenza del celebre compositore in città. Aroldo, notoriamente un rifacimento dello Stiffelio (1850) che sposta l’azione al tempo delle Crociate, è una “drammaturgia del perdono”: il ritorno a casa del protagonista, che durante la propria assenza è stato tradito dalla sposa, è anche un percorso verso il raggiungimento di uno spazio fragilissimo e catartico, quello, appunto, del perdono. Emilio Sala ed Edoardo Sanchi, che curano drammaturgia e regia, hanno calato la vicenda in tempi moderni: Aroldo (Luciano Ganci) è ancora un reduce, ma della campagna coloniale nell’Africa Orientale e il luogo dove si rifugia dopo la scoperta dell’adulterio è un borgo improntato ai valori del nuovo “ruralismo” fascista. Mina, moglie di Aroldo, è Roberta Mantegna; suo padre Egberto è Vladimir Stoyanov, mentre Adriano Gramigni e Riccardo Rados sono rispettivamente Briano, camerata di Aroldo, e Godvino, amante di Mina; Davide Capitanio è il cugino Enrico. Mentre la Cherubini è diretta da Manlio Benzi, Corrado Casati guida il Coro del Teatro Municipale di Piacenza.

Il 18 e 20 febbraio Manon Lescaut arriva proprio dalle terre pucciniane, frutto di una coproduzione con i teatri della Regione e il Teatro del Giglio di Lucca, dove debutterà con la regia di Aldo Tarabella e le scene di Giuliano Spinelli; in buca anche in questo caso l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, diretta da Marco Guidarini. Meno rappresentato fra i titoli del maestro ma “l’opera in cui Puccini trova se stesso”, come scrive Mosco Carner nella sua biografia critica, nel 1893 Manon – su libretto che passò per le mani di Oliva, Ricordi, Illica e Praga – fu un trionfale successo che garantì la consacrazione del compositore trentacinquenne, alla propria terza creazione per la scena. In questo caso è un viaggio in America, ultima meta degli amanti in fuga da una realtà a loro ostile, a concludere la vicenda di Manon (Monica Zanettin), ispirata al romanzo dell’abate Prévost. La protagonista, destinata alla vita monastica, suscita la passione di Renardo des Grieux (Dario Di Vietri, Paolo Lardizzone), che aveva vantato all’amico Edmondo (Saverio Pugliese) di essere immune all’amore; il fratello di Manon (Marcello Rosiello) fa però della giovane uno strumento per la propria ascesa sociale, costringendola a divenire l’amante di Geronte (Alberto Mastromarino).

A concludere il percorso, il 26 e 27 marzo, Pinocchio, storia di un burattino, in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca e il Teatro Sociale di Rovigo. Divenuto a buon diritto il burattino più famoso del mondo, il Pinocchio di Carlo Collodi sembra appartenere a quello stesso mondo girovago, circense, intriso di realismo magico, assurdo e commovente insieme, al quale attingeva l’immaginazione di Fellini. Ad accompagnare il pubblico in quest’altro viaggio sarà la musica di Aldo Tarabella, che accanto alla propria attività di regista vanta anche la scrittura musicale per un maestro quale Giorgio Strehler; il libretto è di Valerio Valoriani. Da un’altra scuola eccellente, quella di Emanuele Luzzati, arriva invece Enrico Musenich, alla cui fantasia sono affidati scene e costumi (proprio Musenich aveva ricostruito le scene di Luzzati per la Cenerentola rossiniana ospitata nella stagione 2016/17). Il soprano Leonora Tess è Pinocchio, mentre Geppetto (e Melampo) è il baritono Clemente Antonio Dalioti; un altro baritono, Giulio Boschetti, è Mastro Ciliegia, Mangiafuoco e il Direttore del Circo. Il tenore Giampaolo Franconi è il buono e il cattivo consigliere di Pinocchio, dando corpo e voce sia al Grillo che a Lucignolo. Sara Rocchi, Consuelo Gilardoni e Silvia Lee sono rispettivamente il Gatto, la Volpe e la Fata Turchina. Jacopo Rivani è alla testa dell’Orchestra Corelli, mentre Elisabetta Agostini dirige il Coro Voci Bianche Ludus Vocalis.


PREVENDITE
Da sabato 2 ottobre carnet e biglietti L’isola disabitataIl viaggio di Mastorna e L’Orfeo
Da lunedì 13 dicembre biglietti AroldoManon LescautPinocchio

CARNET: minimo 3 spettacoli -15%

*Riduzioni: abbonati stagione 2019/2020 e over 65

Speciale giovani Under 18: biglietti € 5,00

Prevendite attraverso i seguenti canali:
– Biglietteria Teatro Alighieri – tel. +39 0544 249244 – aperta lun-sab 10-13, gio anche 16-18.
– online www.teatroalighieri.org
– telefonicamente, contattando la Biglietteria del Teatro (+39 0544 249244), pagamento con carta di credito o vaglia postale
– La Cassa di Ravenna SpA (tutte le filiali)
– IAT Ravenna, Piazza S. Francesco 7 – tel. +39 0544 482838
– IAT Teodorico, via delle Industrie 14 – tel. +39 0544 451539
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